Ultima revisione del 15-02-2016
LE RUBRICHE… in poche righe
La rubrica è un prospetto per indicare e descrivere i risultati attesi di un un processo di apprendimento o di un processo lavorativo/produttivo e metterne in evidenza aspetti rilevanti relativi tanto alle prestazioni (prodotti) quanto al modo di realizzarle (processi coinvolti) e a indicarne il livello/grado di raggiungimento. Il concetto di risultati attesi nel contesto socio-culturale attuale coincide con quello di competenza: ciò che la persona/lo studente/il lavoratore dimostra di saper – consapevolmente – fare con ciò che sa.
Lo scopo della rubrica è progettuale e orientativo prima che valutativo e certificativo: una volta individuate le competenze attese al termine di un percorso formativo, la rubrica si elabora insieme ai compiti autentici nei quali gli studenti vengono coinvolti. La sua costruzione aiuta a ridefinire il compito autentico e a migliorarlo, oltre che a valutare i processi che la realizzazione del compito consente di mobilitare e i prodotti che verranno realizzati.
È sostanzialmente una tabella a due entrate il cui ingrediente principale è rappresentato da criteri di valutazione ancorati alla situazione di esperienza che consente alla competenza di evidenziarsi. Per questo tali criteri spesso vengono chiamati evidenze valutative, anche se nei diversi modelli di rubrica possono assumere altre definizioni, per esempio essere chiamati indicatori. Tali criteri (o evidenze, o indicatori) vengono sgranati in livelli/gradi attraverso dei descrittori della competenza considerata.
Si tratta di uno strumento qualitativo, che non si contrappone a quelli quantitativi, ma che risulta complementare ad essi ed è assolutamente indispensabile per la valutazione delle competenze e la relativa certificazione. E’ prevalentemente utile per situazioni/compiti autentici, nei quali gli allievi debbano risolvere un problema o realizzare un prodotto per destinatari veri o verosimili mobilitando e integrando risorse interne (abilità, conoscenze, atteggiamenti) ed esterne. Può essere composta da evidenze di processo, per valutare il modo in cui gli studenti mobilitano le loro risorse (per es. processi relativi all’interazione nel gruppo alla cooperazione, alla pianificazione) e di evidenze di prodotto, per rilevare le caratteristiche dei prodotti finali delle Unità di Apprendimento, prodotti che sono prevalentemente di gruppo e in qualche caso individuali.
Per realizzare una rubrica/griglia valutativa occorre avere presente il documento di certificazione. Attualmente a livello nazionale abbiamo a disposizione quello del biennio dell’obbligo (D.M. n.9 del 27-01-2010) basato sulle 16 competenze degli assi e sulle otto competenze chiave di cittadinanza del DPR 139/2007 e quello per il primo ciclo di istruzione (scheda per la certificazione delle competenze al termine della scuola primaria e al termine del primo ciclo di istruzione – C.M. 3 del 13 febbraio 2015 e Nota 2000/2017) che si aggancia alle competenze chiave per l’apprendimento permanente proposte nel 2006 dal Parlamento e dal Consiglio europeo. Occorre avere poi presenti per il primo ciclo i traguardi di competenza (che vengono indicati nelle Indicazioni nazionali per il primo ciclo di istruzione come prescrittivi e oggetto di valutazione) e gli obiettivi di apprendimento, mentre per il secondo ciclo le competenze degli assi del biennio dell’obbligo (DPR. 139/2007 e modello di certificazione nazionale D.M. n. 9 del 2010). In entrambi i casi la meta è più lontana ed è rappresentata dalle competenze chiave europee per l’apprendimento permanente, a cui si collegano quelle di cittadinanza.
Come costruire rubriche valutative
Per costruire rubriche valutative è possibile seguire un procedimento induttivo o deduttivo, come descritto nelle righe seguenti. Più completo è un procedimento di integrazione, che potremmo definire misto e del quale in questa pagina parliamo.
In ogni caso, è da ribadire il carattere intersoggettivo della rubrica, che viene:
- progettata / selezionata da buoni esempi attraverso la cooperazione tra colleghi e all’interno di diverse tipologie di gruppi di lavoro (i dipartimenti disciplinari per le macrorubriche verticali di asse/disciplinari, i consigli di classe o gli staff pluridisciplinari per le microrubriche relative a esperienze di apprendimento pluridisciplinari da realizzare in momenti specifici (Compiti autentici e UdA);
-
condivisa con gli allievi come possibile strumento metacognitivo di autovalutazione e con altri portatori di interesse dell’atto educativo (famiglie, associazioni, enti e aziende con cui si collabora…) per un confronto sulle attese rispetto ai risultati di apprendimento.
a) Il procedimento induttivo è quello descritto da Arter (cit. in Comoglio M., “La valutazione autentica”. Orientamenti Pedagogici, 49 (1), 2002, 93-112) , basato sull’esperienza professionale degli insegnanti (Castoldi M., “Le rubriche valutative”, in L’Educatore, Annata 2006/2007, n. 5; Castoldi M., Valutare le competenze. Percorsi e strumenti, Carocci editore, 2009, pp. 75-102).
Prevede:
prima fase: raccogliere esempi di prestazione degli studenti rappresentativi della competenza prescelta riferiti a livelli diversi di padronanza, da condividere tra colleghi. La domanda chiave per questa prima fase può essere la seguente: “Nella mia esperienza professionale quali prestazioni richiamerei come esempi significativi di sviluppo (o non sviluppo) della competenza prescelta?”;
seconda fase: classificare gli esempi selezionati in tre gruppi (pieno, adeguato e parziale) e riconoscimento di dimensioni e criteri sottesi. Il prodotto di questa fase può consistere in un elenco ordinato di dimensioni, criteri ed eventualmente indicatori che caratterizzano la competenza oggetto di analisi. La domanda chiave per questa seconda fase può essere la seguente: “Che cosa caratterizza queste prestazioni come eccellenti, medie, scadenti in rapporto alla competenza individuata?”;
terza fase: enunciare una breve definizione delle dimensioni individuate e descrivere per ciascuna di esse le caratteristiche fondamentali della prestazione attesa in rapporto ai livelli prescelti e facendo attenzione a mettere in evidenza i comportamenti che li caratterizzano «evitando distinzioni comparative basate su una scala implicita di avverbi (molto, spesso, qualche volta …) o di aggettivi qualificativi (ottima, buona, sufficiente…) (…) questa modalità, infatti, snaturerebbe il senso della rubrica, divenendo una forma mascherata di valutazione tramite voti o giudizi ordinali».
b) Il procedimento deduttivo è reso possibile e opportuno, nell’attuale momento storico, dalla disponibilità di framework per la descrizione di tipologie di competenze e per la loro articolazione in livelli, derivata dal fermento su queste tematiche che ha caratterizzato i primi quindici anni del secolo.
A livello europeo i principali framework di riferimento per la descrizione di livelli di competenza sono:
- il QCER (Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue, 2002);
- l’’EQF (European Qualification Framework, Raccomandazione europea dell’aprile 2008);
mentre per la tipologia di competenze le mete cui guardare sono rappresentate dalle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente, proposte nella Raccomandazione europea del dicembre 2006.
A livello nazionale possiamo considerare quali framework di riferimento, per le tipologie di competenze cui mirare e per la descrizione di livelli di competenza, le già citate certificazioni del biennio dell’obbligo (D.M 9/2010) e del primo ciclo di istruzione (CM.3/2015), che si rifanno ai relativi ordinamenti di riforma della scuola italiana: DPR. 139/87 sull’innalzamento dell’obbligo di istruzione e Indicazioni Nazionali 2012 per il primo ciclo di istruzione.
Sia nei framework europei che nelle certificazioni delle competenze nazionali per il biennio dell’obbligo e per il primo ciclo di istruzione si nota (anche se con qualche discrepanza tra i due documenti appena citati) l’adozione di parametri chiaramente riconoscibili nei descrittori utilizzati. Ad essi chiunque intenda costruire rubriche può fare riferimento per formulare i descrittori dei diversi livelli di padronanza delle competenze, sentendosi in “buona compagnia”, anche se conviene evitare quanto più possibile un’adesione meccanica alle formule.
Tali parametri riguardano
- il contesto di esercizio della competenza (da situazione nota a non nota);
- il livello di complessità del compito (da semplice a complesso);
- il modo utilizzato dalla persona che apprende per rapportarsi con conoscenze e abilità (dal possesso di quelle fondamentali, alla capacità di utilizzarle attraverso una semplice applicazione, fino alla padronanza d’uso delle medesime in contesti nuovi e diversi cui si renda necessario trasferirle)
- l’uso delle regole e delle procedure, dal saper applicare regole e procedure fondamentali all’assumere autonomamente decisioni consapevoli nell’utilizzarle per risolvere problemi nuovi.
I primi due aspetti (contesto e complessità del compito) sono, almeno in buona parte, esterni al soggetto, gli altri due riguardano processi e atteggiamenti del soggetto nel modo di rapportarsi con le variabili esterne.
Naturalmente, un compito relativo, per esempio, alla competenza matematica individuato come complesso per una quinta della primaria non sarà uguale a un compito individuato come complesso per la fine dell’intero primo ciclo e nella rubrica volendo esso potrà essere specificato.
Altri documenti utili cui ispirarsi per costruire buone rubriche valutative sono i quadri di riferimento nazionali INVALSI e quelli internazionali OCSE PISA (Literacy matematica, scientifica e nella lettura) .
c) Il procedimento misto si basa su un processo di costruzione della rubrica che integra i due approcci precedenti. A nostro avviso è il più produttivo e completo: fa appello da un lato all’esperienza che gli insegnanti possiedono di esempi di prestazioni di competenza-àncore, dall’altro alla più ampia esperienza e competenza dei portatori di interesse dell’atto educativo nazionali e internazionali, importante anche per sostenere l’aggancio a standard di riferimento su territori più o meno ampi.
Si tratta di un processo circolare o, in altri termini, “buttom-up / top-down” nel quale avviene un controllo reciproco tra la percezione-esperienze dei docenti e i riferimenti dati dai framwork.
Dopo una prima elaborazione / selezione di rubriche, attraverso l’uso concreto in situazione, sarà possibile perfezionarle, eventualmente anche con il coinvolgimento degli studenti.
Esempi di rubriche
La ricerca educativa e didattica e le buone pratiche all’interno di progetti di ricerca azione hanno prodotto un’ampia documentazione di rubriche, reperibili in testi e in siti internet, che rappresentano esempi ai quali i gruppi docenti che si accingono a progettare rubriche possono attingere.
Ne sono un esempio:
– le (macro)macrorubriche della Rete Veneta Competenze per il secondo ciclo di istruzione,
– le (macro)rubriche di Franca Da Re per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria e secondaria di primo grado , oltre a quelle specificamente mirate al profilo previsto dalla certificazione delle competenze (con riferimento alla CM.3/2015)
– le microrubriche proposte da Maria Renata Zanchin in questo file scaricabile.
Interessanti esempi di rubriche nate dalla ricerca azione tra università e scuola sono state elaborate dal Laboratorio RED nel progetto Matrici Valutative .
A nostro avviso sono assimilabili a quelle che chiamiamo “microrubriche”, distinzione che qui sotto andiamo a precisare.
“Macrorubriche” e “microrubriche”
Precisiamo subito che la proposta dei due termini ha soltanto una valore pratico, per orientare nell’uso di strumenti che aiutino a valutare le competenze nel loro sviluppo diacronico e sincronico.
Vi sono rubriche che descrivono lo sviluppo della padronanza delle competenze su macrolivelli (fasi evolutive e annualità successive) e rubriche che invece descrivono lo sviluppo della padronanza delle competenze in una determinata fase e soprattutto in riferimento a compiti specifici in corso d’anno scolastico. Queste due tipologie sono simili nell’approccio di fondo e nelle finalità generali e sono interconnesse tra loro, però reputiamo utile distinguerle, definendo quelle del primo tipo macrorubriche e quelle del secondo tipo microrubriche: a nostro avviso tenere presente questa specificità consente di lavorare meglio sia sullo sviluppo diacronico che su quello sincronico di una competenza.
Riprendendo gli esempi di macrorubriche poco sopra proposti, quelle per primo ciclo (Da Re) si articolano in cinque macrolivelli dalla prima primaria alla terza secondaria primo grado, quelle del secondo ciclo (Rete Veneta Competenze) si articolano in quattro macrolivelli dal primo al quinto anno della scuola superiore, collegati in questo secondo caso ai livelli dell’EQF. Intenzionalmente, poiché la crescita è flessibile e poiché il ragionamento vale anche per le competenze non formali, i macrolivelli non vengono esplicitamente fatti coincidere con le singole annualità scolastiche.
Riprendendo gli esempi di microrubriche sopra proposti, sia le rubriche di Maria Renata Zanchin che le matrici del Laboratorio RED si articolano su quattro livelli, che riprendono sostanzialmente i livelli proposti dalle certificazioni delle competenze nazionali (tre per il biennio dell’obbligo (base, intermedio, avanzato) più un quarto (iniziale o principiante) che funge da livello soglia nel primo ciclo di istruzione, ma che può essere adottato anche nel secondo ciclo di istruzione.
Nella scelta degli indicatori-criteri-evidenze e nella formulazione dei descrittori può anche non esservi differenza tra macrorubrica e microrubrica, se non che quest’ultima tende a essere più specifica. Di fatto si può usare una macrorubica per attingere micorubriche, quello che conta è l’habitus dell’osservare e descrivere processi e prodotti da essi derivati in collegamento a situazioni, compiti e prove di tipo autentico e “esperto”.