2. Il percorso nazionale delle Riforme M.R. Zanchin (testo aggiornato dall’autrice il 27 novembre 2018)
L’ultimo scorcio del secolo scorso aveva visto una serie di azioni riformatrici coinvolgere la scuola primaria e secondaria di primo grado e alcune sperimentazioni introdurre a macchia di leopardo elementi di innovazione nella scuola secondaria di secondo grado. Esse andavano nella direzione di una didattica più attiva e coinvolgente e di un’impostazione curricolare per moduli e campi di apprendimento integrati, mettendo a frutto da un lato gli esiti delle teorie e delle ricerche educativo-didattiche in ambito internazionale e nazionale, dall’altro le sperimentazioni e le buone pratiche diffusesi dalla base.
Tra il 2007 e il 2012 si sono succedute alcune riforme ispirate ai principi della didattica per competenze, che hanno coinvolto per la prima volta l’intero ciclo dell’Istruzione dai 3 ai 19 anni, con snodo cruciale nel sedicesimo anno, coincidente con l’innalzamento dell’obbligo, in coerenza con le indicazioni europee dalla Strategia di Lisbona del 2000 in poi :
- D.M. 139 del 27-08-2007 , recante Norme per l’adempimento dell’obbligo di istruzione e riguardante il primo biennio della scuola secondaria di secondo grado, proposto in forma innovativa come un biennio unitario comune ai diversi indirizzi scolastici e da organizzarsi per macro-aree di equivalenza formativa;
- Regolamento ministeriale del 16 novembre 2012 e Indicazioni per il Curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione
Attualmente è in corso la revisione dell’Istruzione Professionale, a seguito del DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 61 Revisione dei percorsi dell’istruzione professionale nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazione professionale, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera d), della legge 13 luglio 2015, n. 107 e a seguito del DECRETO INTERMINISTERIALE N. 92 24 MAGGIO 2018 Regolamento recante la disciplina dei profili di uscita degli indirizzi di studio dei percorsi di istruzione professionale, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo13 aprile 2017, n. 61. Un’altra novità significativa è rappresentata dal D.M. 769 del 26 novembre 2018 sugli Esami di Stato del secondo ciclo di istruzione a.s. 2018/2019, che segue il D.M. 741/2917 sugli Esami di Stato nel primo ciclo di istruzione (Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio 2015, n. 107). Il Primo ciclo di istruzione
Rispetto al documento del 2007, il testo delle Indicazioni Nazionali per il curricolo del 2012 stabilisce una maggiore continuità con i documenti di riforma degli ordini successivi di scuola: come obiettivi generali del processo formativo vengono proposte infatti le otto competenze-chiave per l’apprendimento permanente (Raccomandazione del Parlamento Europeo del 18 dicembre 2006) e viene introdotto un paragrafo dedicato alla Certificazione delle competenze al termine della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, già prevista dal Regolamento sulla valutazione del 22-06-2009, n. 122. Permangono da un lato il riferimento ai traguardi di sviluppo delle competenze, che ora vengono finalizzati al raggiungimento delle competenze-chiave per l’apprendimento permanente e dall’altro agli obiettivi di apprendimento, che definiscono i contenuti di conoscenza e le abilità ritenuti essenziali ai fini di raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze.
Il primo biennio della Scuola Secondaria di secondo grado e l’innalzamento dell’obbligo di istruzione
Il Documento tecnico connesso al Regolamento sull’adempimento dell’obbligo di Istruzione e i suoi allegati, Assi culturali e Competenze chiave per la cittadinanza (27 agosto 2007) rappresentano un passo significativo, dopo la Riforma Brocca del 1992 e le sperimentazioni ad essa seguite. Legittimano sul piano normativo, ufficializzano ed esplicano per la secondaria di secondo grado, anche attraverso una diversa proposta di organizzazione del sapere, non più per discipline ma per assi culturali, la logica delle competenze che era stata introdotta con la Legge 59/97 sull’autonomia, con il Regolamento relativo (DPR. 8-3-1999, n. 275) e con il Regolamento del nuovo esame di Stato (DPR 23-7-1998, n.323), logica che, pur presente nelle successive diverse bozze di riforma, non era, insieme ad esse, mai decollata veramente. Ispirandosi alla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18-12-2006 e collocandosi così intenzionalmente nella prospettiva della Strategia di Lisbona, il Documento tecnico introduce e dà enfasi al concetto di competenza-chiave: “L ’istruzione e la formazione iniziali offrano a tutti i giovani gli strumenti per sviluppare le competenze chiave a un livello tale che li preparino alla vita adulta e costituiscano la base per ulteriori occasioni di apprendimento, come pure per la vita lavorativa.” E spiega poi con molta chiarezza l’interrelazione tra le competenze chiave e i saperi e le competenze contenuti in quelli che vengono definiti “gli assi culturali” (all’interno dei quali le discipline sono aggregate per contiguità di linguaggio, di metodo di ricerca e di comunicazione): “I saperi e le competenze per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione sono riferiti ai quattro assi culturali (del linguaggio, matematico, scientifico-tecnologico, storico – sociale). Essi costituiscono “il tessuto” per la costruzione di percorsi di apprendimento orientati all’acquisizione delle competenze chiave che preparino i giovani alla vita adulta e che costituiscano la base per consolidare e accrescere saperi e competenze in un processo di apprendimento permanente, anche ai fini della futura vita lavorativa … Le competenze chiave proposte sono il risultato che si può conseguire-all’interno di un unico processo di insegnamento/apprendimento-attraverso la reciproca integrazione e interdipendenza tra i saperi e le competenze contenuti negli assi culturali.”
Un elemento di complessità, superabile attraverso passaggi comparativi e correlazioni, è introdotto dal fatto che il D.M. 139 pur citando le otto competenze chiave europee per l’apprendimento permanente (Comunicazione nella madrelingua, Comunicazione nelle lingue straniere, Competenze sociali e civiche, Competenza matematica e competenze di base in campo scientifico e tecnologico, Competenza digitale, Imparare a imparare, Competenze sociali e civiche, Spirito di iniziativa e intraprendenza, Consapevolezza ed espressione culturali) propone poi come ulteriore riferimento otto competenze chiave per la cittadinanza lievemente diverse, anche se caratterizzate dallo stesso spirito (Imparare a imparare, Progettare, Comunicare, Collaborare e partecipare, Agire in modo autonomo e responsabile, Risolvere problemi, Individuare collegamenti e relazioni, Acquisire ed interpretare l’informazione), da leggere in modo correlato ai quattro grandi assi culturali prima citati (Asse dei linguaggi, Asse Matematico, Asse Scientifico Tecnologico, Asse Storico Sociale).
Tra le une e le altre vi sono notevoli punti di vicinanza e correlazioni, come mostra la tabella che segue:
In primo luogo è da notare che in entrambe le famiglie di competenze è presente l’Imparare a imparare. Inoltre, le prime cinque tra quelle proposte dal Consiglio Europeo possono essere assimilate ad assi culturali, le ultime quattro invece sono più di tipo trasversale e si correlano fortemente con alcune del D.M. 139/2007: l’Imparare a imparare implica le capacità di Individuare collegamenti e relazioni e di Acquisire ed interpretare l’informazione, le Competenze sociali e civiche richiedono la capacità di Collaborare e partecipare e a quella di Agire in modo autonomo e responsabile, lo Spirito di iniziativa e intraprendenza implica la capacità di Risolvere problemi e di Ideare e progettare. L’immagine sottostante illustra proprio tali correlazioni: Comunque, è importante evidenziare l’elemento di fondo comune a questi approcci: per promuovere, valutare e certificare le competenze occorre superare la suddivisione tra le discipline, aggregandole per grandi aree di affinità: assi culturali e/o competenze chiave trasversali. Questo è ciò che conta, al di là delle diverse sfumature possibili.
A proposito del concetto di competenza vale la pena richiamare anche la precisazione del Ministro, nell’ introduzione del documento : “Le competenze, così intese, non riguardano una versione riduttiva del saper fare; costituiscono, invece, quel saper fare ad ampio spettro che conferisce senso autentico e motivante alle “cose apprese e utilizzate”, perché siano riconducibili a sé e utilizzabili in più campi e con versatilità.”
I Regolamenti per il riordino degli Istituti Tecnici, Professionali e dei Licei
Tale prospettiva viene poi calata in modo più specifico e con sfumature diverse nelle Linee guida dei Tecnici e dei Professionali e nelle Indicazioni nazionali dei Licei. Nelle prime due il conseguimento di conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali viene enfatizzato come utile all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro e al proseguimento degli studi di ordine superiore, con una declinazione che per i tecnici dà rilievo a una solida base culturale di carattere scientifico e tecnologico e per i Professionali a una base di istruzione generale e tecnico-professionale per lo sviluppo, in una dimensione operativa, di saperi e competenze collegati al settore produttivo di riferimento. Nelle Indicazioni nazionali dei Licei prevale invece un richiamo al valore dei contenuti, delle procedure euristiche, del linguaggio e del metodo di ciascuna disciplina che va letto in armonia con la meta ribadita del raggiungimento delle competenze trasversali cui ciascuna disciplina concorre. Grande rilievo viene dato sia nelle Linee guida dei Tecnici e Professionali che, con una loro specificità, nelle Indicazioni Nazionali dei Licei, alla didattica laboratoriale. Per i primi due tipi di Istituti, viene sottolineata l’importanza della cultura tecnica e scientifica in termini di un vero e proprio rilancio e della graduale ma decisa integrazione – fin dal primo biennio nei Professionali – e a partire dal secondo biennio nei Tecnici – tra l’area generale e l’area di indirizzo. Il collegamento con il mondo produttivo e l’Alternanza Scuola Lavoro, obbligatoria all’Istituto Professionale in sostituzione della Terza Area, completano il quadro. Riferimento fondamentale è quello all’EQF (European Qualification Framework o Quadro europeo delle qualifiche proposto dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23.04.2008 per la leggibilità-riconoscibilità dei titoli e delle qualifiche nella mobilità in Europa.
La certificazione delle competenze nei diversi cicli dell’istruzione e nelle filiere istruzione/formazione
Se nell’ambito della formazione professionale la certificazione delle competenze si è affermata da anni per il bisogno di titoli spendibili e leggibili nel mercato del lavoro, nell’ambito dell’istruzione invece il procedere è più lento. Il tema era emerso con la riforma degli Esami di Stato: nella legge n. 425/1997, si introduceva l’idea di certificare conoscenze, capacità, competenze e crediti formativi documentati degli studenti. Da allora sono stati emanati alcuni modelli di certificazione integrativi al diploma, che mettono in trasparenza il percorso di studi (D.M. 26/2009). Vari fattori hanno contribuito negli anni seguenti a evidenziare la necessità della certificazione: le Raccomandazioni internazionali, in particolare quelle relative a EQF ed ECVET, gli sviluppi dell’autonomia, con l’affermarsi dei Curricola di Istituto e della personalizzazione dei percorsi formativi, l’ampliamento delle tipologie di filiere formative (istruzione, formazione, apprendistato…) con la possibilità di assolvere l’obbligo di istruzione anche in percorsi di istruzione e formazione professionale (L. 133/2008, art. 64, c. 4/bis) e in apprendistato (D.L. 167/2011). Evidentemente, la varietà dei percorsi e l’opportunità per gli studenti di passaggi tra i percorsi rendono necessari la leggibilità e il reciproco riconoscimento delle competenze comunque acquisite. Entrambi i fattori fin qui accennati sono importanti, tanto quello della trasparenza dei titoli e delle qualifiche professionali per far dialogare le diverse istituzioni tra loro e con il mondo del lavoro, quanto quello culturale-pedagogico relativo all’utilità – in primo luogo per l’allievo e per il suo orientamento – di attestare e descrivere, anche attraverso gradazioni in livelli, le competenze personali acquisite al termine di un percorso di apprendimento. Proprio per questo la questione non è limitata alla scuola secondaria di secondo grado. E così, il cammino progressivo verso la certificazione delle competenze nella scuola italiana, dopo la definitiva conferma dell’importanza di tale documento per la classe quinta della primaria e la classe terza della secondaria di primo grado, all’interno delle Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione (DM n. 254 del 16-11-2012) e l’emanazione della scheda sperimentale per la certificazione delle competenze al termine della scuola primaria e al termine del primo ciclo di istruzione (C.M. 3 del 13 febbraio 2015) si è conclusa nel 2017 con l’emanazione del D.M. 742 sulla certificazione delle competenze per il primo ciclo di istruzione e nel 2018 con la nota_Miur Prot. 312 del 9 gennaio 2018, che ha accompagnato i nuovi modelli di certificazione, nati dalla precedente sperimentazione. Da precisare che una certificazione delle competenze era già prevista dall’art. 8, c. 1 del Regolamento sulla valutazione del 22-06-2009, DPR n. 122, con una formulazione che aveva suscitato non poche polemiche, per il riferimento al voto in decimi relativamente alla secondaria di primo grado: “Nel primo ciclo dell’istruzione, le competenze acquisite dagli alunni sono descritte e certificate al termine della scuola primaria e, relativamente al termine della scuola secondaria di primo grado, accompagnate anche da valutazione in decimi, ai sensi dell’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto-legge.”. Ma, oculatamente e coerentemente con il panorama internazionale, il modello di certificazione nazionale per il primo ciclo licenziato dal MIUR nel gennaio 2018 non fa alcun riferimento al voto in decimi previsto dal DPR n. 122. Si aggancia invece alle competenze chiave per l’apprendimento permanente proposte nel 2006 dal Parlamento e dal Consiglio europeo, delineando un profilo complessivo per il termine della scuola primaria e per il termine della scuola secondaria di primo grado. Attualmente, a livello nazionale sono dunque in vigore questi modelli di certificazione:
- la certificazione del primo biennio del secondo ciclo di istruzione – obbligo di istruzione (D.M. n.9 del 27-01-2010)
- la certificazione al termine della scuola primaria e al termine della scuola secondaria di primo grado (nota_Miur Prot. 312 del 9 gennaio 2018)
- la certificazione allegata all’attestato di qualifica professionale e al diploma professionale in esito ai percorsi di IeFP (art. 20 D.L.gs n.226/2005 e Allegati 5 e 6 all’ Accordo in Conferenza Stato Regioni del 27 luglio 2011);
- il modello e relative note di compilazione per l’attestazione intermedia delle competenze acquisite per gli studenti che interrompano il percorso di IeFP e effettuino il passaggio all’istruzione (allegato 7 all’Accordo Stato Regioni in conferenza 27 luglio 2011);
Il 19 aprile 2012 è stato sottoscritto in Conferenza Stato-Regioni l’Accordo per la definizione di un sistema nazionale di certificazione delle competenze comunque acquisite in apprendistato, in attuazione del TUA (Testo Unico sull’Apprendistato) approvato con Decreto Legislativo 167/11 . La certificazione del primo biennio fa riferimento ai quattro assi culturali previsti dal D.M.139/2007 sull’innalzamento dell’obbligo di istruzione e alle medesime competenze chiave in esso previste. Introduce tre livelli per descrivere il grado di acquisizione delle competenze per ciascun asse (livello base, intermedio, avanzato), con la specifica: …nel caso in cui non sia stato raggiunto il livello base, è riportata l’espressione “livello base non raggiunto”, con l’indicazione della relativa motivazione. Interessante appare la descrizione dei tre livelli. Osserviamo il passaggio da quello base:
- lo studente svolge compiti semplici in situazioni note, mostrando di possedereconoscenze ed abilità essenziali e di saper applicare regole e procedure fondamentali
a quello intermedio
- lo studente svolge compiti e risolve problemi complessi in situazioni note, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite
a quello avanzato
- lo studente svolge compiti e problemi complessi in situazioni anche non note, mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità. Es. proporre e sostenere le proprie opinioni e assumere autonomamente decisioni consapevoli.
Nella scheda per la certificazione delle competenze al termine della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, i livelli sono invece quattro, considerata l’opportunità di prevedere, come suggeriscono le linee guida, un livello “iniziale”, di approssimazione allo standard minimo di raggiungimento del traguardo di competenza previsto. Interessante anche in questo caso l’analisi della descrizione dei quattro livelli. Osserviamo il passaggio da quello iniziale
- L’alunno/a, se opportunamente guidato/a, svolge compiti semplici in situazioni note
a quello base
- L’alunno/a svolge compiti semplici anche in situazioni nuove, mostrando di possedere conoscenze e abilità fondamentali e di saper applicare basilari regole e procedure apprese
a quello intermedio
- L’alunno/a svolge compiti e risolve problemi in situazioni nuove, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite
a quello avanzato
- L’alunno/a svolge compiti e risolve problemi complessi, mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità; propone e sostiene le proprie opinioni e assume in modo responsabile decisioni consapevoli.
In entrambi i casi rileviamo il chiaro riferimento ai “risultati dell’apprendimento” (learning outcomes”), ovvero a ciò che lo studente sa fare con ciò che ha appreso, secondo le indicazioni dell’EQF (European Qualification Framework) http://www.obiettivo2020.org/premesse/ e http://ec.europa.eu/education/pub/pdf/general/eqf/broch_it.pdf e una progressiva accurata descrizione del variare di alcuni parametri importanti, anch’essi previsti dall’EQF. Tali parametri riguardano
- il contesto di esercizio della competenza (da noto a non noto);
- il livello di complessità del compito (da semplice a complesso e basato su problem solving);
- il modo di rapportarsi con conoscenze e abilità (dal possesso di quelle essenziali, alla capacità di utilizzarle, fino alla padronanza d’uso delle medesime);
- l’uso delle regole e delle procedure (dal saper applicare regole e procedure fondamentali al compiere scelte consapevoli fino al proporre e sostenere le proprie opinioni e assumere autonomamente decisioni consapevoli).
Mentre i primi due aspetti (contesto e complessità del compito) sono, almeno in buona parte, esterni al soggetto, gli altri riguardano processi e atteggiamenti della persona. Riteniamo utili tali parametri come criteri di riferimento anche per la valutazione delle competenze, che del resto è strettamente legata alla certificazione. In coerenza con il D.M. 139/2007, il modello di certificazione per il biennio dell’obbligo, come dicevamo, fa riferimento ai quattro assi culturali e prevede inoltre che le competenze di base degli assi vengano acquisite alla luce delle competenze chiave di cittadinanza , parzialmente diverse da quelle previste dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo del dicembre 2006 . A queste ultime invece, coerentemente con quanto proposto dalle Indicazioni Nazionali 2012 per il primo ciclo di istruzione, fanno riferimento le schede per la certificazione delle competenze al termine della scuola primaria e del primo ciclo di istruzione sopra descritte. L’obiettivo è in ogni caso quello di superare la frammentazione tra le discipline in nome di aggregazioni più ampie, come già sottolineato nella tabella comparativa sopra riportata.
2. Il percorso nazionale delle Riforme
L’ultimo scorcio del secolo scorso aveva visto una serie di azioni riformatrici coinvolgere la scuola primaria e secondaria di primo grado e alcune sperimentazioni introdurre a macchia di leopardo elementi di innovazione nella scuola secondaria di secondo grado. Esse andavano nella direzione di una didattica più attiva e coinvolgente e di un’impostazione curricolare per moduli e campi di apprendimento integrati, mettendo a frutto da un lato gli esiti delle teorie e delle ricerche educativo-didattiche in ambito internazionale e nazionale, dall’altro le sperimentazioni e le buone pratiche diffusesi dalla base.
Tra il 2007 e il 2010 si sono succedute alcune riforme ispirate ai principi della didattica per competenze, che hanno coinvolto per la prima volta l’intero ciclo dell’Istruzione dai 3 ai 19 anni, con snodo cruciale nel sedicesimo anno, coincidente con l’innalzamento dell’obbligo, in coerenza con le indicazioni europee dalla Strategia di Lisbona del 2000 in poi :
- Indicazioni per il Curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, rivisitate sempre in una logica di continuità dai 3 ai 14 anni, rispetto al testo del 2007;
- il D.M. 139 del 27-08-2007 , recante Norme per l’adempimento dell’obbligo di istruzione e riguardante il primo biennio della scuola secondaria di secondo grado, proposto in forma innovativa come un biennio unitario comune ai diversi indirizzi scolastici e da organizzarsi per macro-aree di equivalenza formativa;
Il Primo ciclo di istruzione
Dopo la prima edizione delle Indicazioni per il curricolo risalente all’estate del 2007, tra la primavera del 2012 e il momento attuale è in corso una loro revisione, anche con lo scopo di stabilire una maggiore continuità con i documenti di riforma degli ordini successivi di scuola. In tal senso le due bozze di revisione succedutesi, quella di maggio e la più recente del 4 settembre successiva alla consultazione pubblica e sottoposta all’approvazione del Consiglio di Stato, inseriscono come obiettivi generali del processo formativo le otto competenze-chiave per l’apprendimento permanente (Raccomandazione del Parlamento Europeo del 18 dicembre 2006) e introducono un paragrafo dedicato alla Certificazione delle competenze al termine della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, già prevista dal Regolamento sulla valutazione del 22-06-2009, n. 122. Permane da un lato il riferimento ai traguardi di sviluppo delle competenze, che ora vengono finalizzati al raggiungimento delle competenze-chiave per l’apprendimento permanente e dall’altro agli obiettivi di apprendimento, che definiscono i contenuti di conoscenza e le abilità ritenuti essenziali ai fini di raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze.
Il primo biennio della Scuola Secondaria di secondo grado e l’innalzamento dell’obbligo di istruzione
Il Documento tecnico connesso al Regolamento sull’adempimento dell’obbligo di Istruzione e i suoi allegati, Assi culturali e Competenze chiave per la cittadinanza (27 agosto 2007) rappresentano un passo significativo, dopo la Riforma Brocca del 1992 e le sperimentazioni ad essa seguite. Legittimano sul piano normativo, ufficializzano ed esplicano per la secondaria di secondo grado, anche attraverso una diversa proposta di organizzazione del sapere, non più per discipline ma per assi culturali, la logica delle competenze che era stata introdotta con la Legge 59/97 sull’autonomia, con il Regolamento relativo (DPR. 8-3-1999, n. 275) e con il Regolamento del nuovo esame di Stato (DPR 23-7-1998, n.323), logica che, pur presente nelle successive diverse bozze di riforma, non era, insieme ad esse, mai decollata veramente. Ispirandosi alla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18-12-2006 e collocandosi così intenzionalmente nella prospettiva della Strategia di Lisbona, il Documento tecnico introduce e dà enfasi al concetto di competenza-chiave: “L ’istruzione e la formazione iniziali offrano a tutti i giovani gli strumenti per sviluppare le competenze chiave a un livello tale che li preparino alla vita adulta e costituiscano la base per ulteriori occasioni di apprendimento, come pure per la vita lavorativa.” E spiega poi con molta chiarezza l’interrelazione tra le competenze chiave e i saperi e le competenze contenuti in quelli che vengono definiti “gli assi culturali” (all’interno dei quali le discipline sono aggregate per contiguità di linguaggio, di metodo di ricerca e di comunicazione): “I saperi e le competenze per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione sono riferiti ai quattro assi culturali (del linguaggio, matematico, scientifico-tecnologico, storico – sociale). Essi costituiscono “il tessuto” per la costruzione di percorsi di apprendimento orientati all’acquisizione delle competenze chiave che preparino i giovani alla vita adulta e che costituiscano la base per consolidare e accrescere saperi e competenze in un processo di apprendimento permanente, anche ai fini della futura vita lavorativa … Le competenze chiave proposte sono il risultato che si può conseguire-all’interno di un unico processo di insegnamento/apprendimento-attraverso la reciproca integrazione e interdipendenza tra i saperi e le competenze contenuti negli assi culturali.”
Un elemento di complessità, superabile attraverso passaggi comparativi e correlazioni, è introdotto dal fatto che il D.M. 139 pur citando le otto competenze chiave europee per l’apprendimento permanente (Comunicazione nella madrelingua, Comunicazione nelle lingue straniere, Competenze sociali e civiche, Competenza matematica e competenze di base in campo scientifico e tecnologico, Competenza digitale, Imparare a imparare, Competenze sociali e civiche, Spirito di iniziativa e intraprendenza, Consapevolezza ed espressione culturali) propone poi come ulteriore riferimento otto competenze chiave per la cittadinanza lievemente diverse, anche se caratterizzate dallo stesso spirito (Imparare a imparare, Progettare, Comunicare, Collaborare e partecipare, Agire in modo autonomo e responsabile, Risolvere problemi, Individuare collegamenti e relazioni, Acquisire ed interpretare l’informazione), da leggere in modo correlato ai quattro grandi assi culturali prima citati (Asse dei linguaggi, Asse Matematico, Asse Scientifico Tecnologico, Asse Storico Sociale).
Tra le une e le altre vi sono notevoli punti di vicinanza e correlazioni, come mostra la tabella che segue:
In primo luogo è da notare che in entrambe le famiglie di competenze è presente l’Imparare a imparare. Inoltre, le prime cinque tra quelle proposte dal Consiglio Europeo possono essere assimilate ad assi culturali, le ultime quattro invece sono più di tipo trasversale e si correlano fortemente con alcune del D.M. 139/2007: l’Imparare a imparare implica le capacità di Individuare collegamenti e relazioni e di Acquisire ed interpretare l’informazione, le Competenze sociali e civiche richiedono la capacità di Collaborare e partecipare e a quella di Agire in modo autonomo e responsabile, lo Spirito di iniziativa e intraprendenza implica la capacità di Risolvere problemi e di Ideare e progettare. L’immagine sottostante illustra proprio tali correlazioni: Comunque, è importante evidenziare l’elemento di fondo comune a questi approcci: per promuovere, valutare e certificare le competenze occorre superare la suddivisione tra le discipline, aggregandole per grandi aree di affinità: assi culturali e/o competenze chiave trasversali. Questo è ciò che conta, al di là delle diverse sfumature possibili.
A proposito del concetto di competenza vale la pena richiamare anche la precisazione del Ministro, nell’ introduzione del documento : “Le competenze, così intese, non riguardano una versione riduttiva del saper fare; costituiscono, invece, quel saper fare ad ampio spettro che conferisce senso autentico e motivante alle “cose apprese e utilizzate”, perché siano riconducibili a sé e utilizzabili in più campi e con versatilità.”
I Regolamenti per il riordino degli Istituti Tecnici, Professionali e dei Licei
Tale prospettiva viene poi calata in modo più specifico e con sfumature diverse nelle Linee guida dei Tecnici e dei Professionali e nelle Indicazioni nazionali dei Licei. Nelle prime due il conseguimento di conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali viene enfatizzato come utile all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro e al proseguimento degli studi di ordine superiore, con una declinazione che per i tecnici dà rilievo a una solida base culturale di carattere scientifico e tecnologico e per i Professionali a una base di istruzione generale e tecnico-professionale per lo sviluppo, in una dimensione operativa, di saperi e competenze collegati al settore produttivo di riferimento. Nelle Indicazioni nazionali dei Licei prevale invece un richiamo al valore dei contenuti, delle procedure euristiche, del linguaggio e del metodo di ciascuna disciplina che va letto in armonia con la meta ribadita del raggiungimento delle competenze trasversali cui ciascuna disciplina concorre. Grande rilievo viene dato sia nelle Linee guida dei Tecnici e Professionali che, con una loro specificità, nelle Indicazioni Nazionali dei Licei, alla didattica laboratoriale. Per i primi due tipi di Istituti, viene sottolineata l’importanza della cultura tecnica e scientifica in termini di un vero e proprio rilancio e della graduale ma decisa integrazione – fin dal primo biennio nei Professionali – e a partire dal secondo biennio nei Tecnici – tra l’area generale e l’area di indirizzo. Il collegamento con il mondo produttivo e l’Alternanza Scuola Lavoro, obbligatoria all’Istituto Professionale in sostituzione della Terza Area, completano il quadro. Riferimento fondamentale è quello all’EQF (European Qualification Framework o Quadro europeo delle qualifiche proposto dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23.04.2008 per la leggibilità-riconoscibilità dei titoli e delle qualifiche nella mobilità in Europa.
La certificazione delle competenze nei diversi cicli dell’istruzione e nelle filiere istruzione/formazione
Se nell’ambito della formazione professionale la certificazione delle competenze si è affermata da anni per il bisogno di titoli spendibili e leggibili nel mercato del lavoro, nell’ambito dell’istruzione invece il procedere è più lento. Il tema era emerso con la riforma degli Esami di Stato: nella legge n. 425/1997, si introduceva l’idea di certificare conoscenze, capacità, competenze e crediti formativi documentati degli studenti. Da allora sono stati emanati alcuni modelli di certificazione integrativi al diploma, che mettono in trasparenza il percorso di studi (D.M. 26/2009). Vari fattori hanno contribuito negli anni seguenti a evidenziare la necessità della certificazione: le Raccomandazioni internazionali, in particolare quelle relative a EQF ed ECVET, gli sviluppi dell’autonomia, con l’affermarsi dei Curricola di Istituto e della personalizzazione dei percorsi formativi, l’ampliamento delle tipologie di filiere formative (istruzione, formazione, apprendistato…) con la possibilità di assolvere l’obbligo di istruzione anche in percorsi di istruzione e formazione professionale (L. 133/2008, art. 64, c. 4/bis) e in apprendistato (D.L. 167/2011). Evidentemente, la varietà dei percorsi e l’opportunità per gli studenti di passaggi tra i percorsi rendono necessari la leggibilità e il reciproco riconoscimento delle competenze comunque acquisite. Entrambi i fattori fin qui accennati sono importanti, tanto quello della trasparenza dei titoli e delle qualifiche professionali per far dialogare le diverse istituzioni tra loro e con il mondo del lavoro, quanto quello culturale-pedagogico relativo all’utilità – in primo luogo per l’allievo e per il suo orientamento – di attestare e descrivere, anche attraverso gradazioni in livelli, le competenze personali acquisite al termine di un percorso di apprendimento. Proprio per questo la questione non è limitata alla scuola secondaria di secondo grado. E così, l’atto più recente del cammino progressivo verso la certificazione delle competenze nella scuola italiana riguarda la definitiva conferma dell’importanza di tale documento, per la classe quinta della primaria e la classe terza della secondaria di primo grado, all’interno delle Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione (DM n. 254 del 16-11-2012). Tale certificazione era già prevista dall’art. 8, c. 1 del Regolamento sulla valutazione del 22-06-2009, DPR n. 122, con una formulazione che aveva suscitato non poche polemiche, per il riferimento al voto in decimi relativamente alla secondaria di primo grado: “Nel primo ciclo dell’istruzione, le competenze acquisite dagli alunni sono descritte e certificate al termine della scuola primaria e, relativamente al termine della scuola secondaria di primo grado, accompagnate anche da valutazione in decimi, ai sensi dell’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto-legge.” Il fatto che la bozza inserisca come obiettivi generali del processo formativo le otto competenze-chiave per l’apprendimento permanente (Raccomandazione del Parlamento Europeo del 18 dicembre 2006) ci fa ben sperare che il modello di certificazione nazionale per il primo ciclo, non ancora emanato, farà riferimento a queste ultime, lasciando perdere quello al voto in decimi previsto dal DPR n. 122. Attualmente, a livello nazionale sono in vigore questi modelli di certificazione:
- la certificazione del primo biennio del secondo ciclo di istruzione – obbligo di istruzione (D.M. n.9 del 27-01-2010)
- la certificazione allegata all’attestato di qualifica professionale e al diploma professionale in esito ai percorsi di IeFP (art. 20 D.L.gs n.226/2005 e Allegati 5 e 6 all’ Accordo in Conferenza Stato Regioni del 27 luglio 2011);
- il modello e relative note di compilazione per l’attestazione intermedia delle competenze acquisite per gli studenti che interrompano il percorso di IeFP e effettuino il passaggio all’istruzione (allegato 7 all’Accordo Stato Regioni in conferenza 27 luglio 2011);
Il 19 aprile …. è stato sottoscritto in Conferenza Stato-Regioni l’Accordo per la definizione di un sistema nazionale dicertificazione delle competenze comunque acquisite in apprendistato, in attuazione del TUA (Testo Unico sull’Apprendistato) approvato con Decreto Legislativo 167/11 La certificazione del primo biennio fa riferimento ai quattro assi culturali previsti dal D.M.139/2007 sull’innalzamento dell’obbligo di istruzione e alle medesime competenze chiave in esso previste. Introduce tre livelli per descrivere il grado di acquisizione delle competenze per ciascun asse (livello base, intermedio, avanzato), con la specifica: …nel caso in cui non sia stato raggiunto il livello base, è riportata l’espressione “livello base non raggiunto”, con l’indicazione della relativa motivazione. Mentre appare discutibile quest’ultima scelta, che sembra riportare il giudizio di competenza alla logica del voto e contraddice il principio che si valuta la competenza “che c’è”, interessante appare la descrizione dei livelli. Osserviamo il passaggio da quello base:
- lo studente svolge compiti semplici in situazioni note, mostrando di possedereconoscenze ed abilità essenziali e di saper applicare regole e procedure fondamentali
a quello intermedio
- lo studente svolge compiti e risolve problemi complessi in situazioni note, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite
a quello avanzato
- lo studente svolge compiti e problemi complessi in situazioni anche non note, mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità. Es. proporre e sostenere le proprie opinioni e assumere autonomamente decisioni consapevoli.
Vi rileviamo il chiaro riferimento ai “risultati dell’apprendimento” (learning outcomes”), ovvero a ciò che lo studente sa fare con ciò che ha appreso, secondo le indicazioni dell’EQF (European Qualification Framework) http://www.obiettivo2020.org/premesse/ e http://ec.europa.eu/education/pub/pdf/general/eqf/broch_it.pdf e una progressiva accurata descrizione del variare di alcuni parametri importanti, anch’essi previsti dall’EQF. Tali parametri riguardano
- il contesto di esercizio della competenza (da noto a non noto);
- il livello di complessità del compito (da semplice a complesso e basato su problem solving);
- il modo di rapportarsi con conoscenze e abilità (dal possesso di quelle essenziali, alla capacità di utilizzarle, fino alla padronanza d’uso delle medesime);
- l’uso delle regole e delle procedure (dal saper applicare regole e procedure fondamentali al compiere scelte consapevoli fino al proporre e sostenere le proprie opinioni e assumere autonomamente decisioni consapevoli).
Mentre i primi due aspetti (contesto e complessità del compito) sono, almeno in buona parte, esterni al soggetto, gli altri riguardano processi e atteggiamenti della persona. Riteniamo utili tali parametri come criteri di riferimento anche per la valutazione delle competenze, che del resto è strettamente legata alla certificazione. In coerenza con il D.M. 139/2007, il modello di certificazione per il biennio dell’obbligo, come dicevamo, fa riferimento ai quattro assi culturali e prevede inoltre che le competenze di base degli assi vengano acquisite alla luce delle competenze chiave di cittadinanza [link alla lista delle otto], parzialmente diverse da quelle previste dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo del dicembre 2006 [link alla lista delle otto]. L’obiettivo è in ogni caso quello di superare la frammentazione tra le discipline in nome di aggregazioni più ampie, come già sottolineato nella tabella comparativa sopra riportata.