“La nostra gioventù ama il lusso, si burla dell’autorità e non ha alcun rispetto degli anziani, i bambini di oggi sono maleducati, non si alzano quando un vecchio entra in una stanza, rispondono male ai genitori”.
Tratto da un articolo di uno dei nostri tanti quotidiani che in questi giorni alimentano il mainstream dominante del progressivo e inarrestabile degrado della scuola?
Niente affatto! Sono parole di Socrate, 470 a.C., secondo la voce ironica di Franco Nembrini , concluse con una massima incisiva, che potrebbe farci molto riflettere: “L’educazione è un casino da mo’ ” (più traducibile in : “L’educazione è sempre stata un fenomeno complesso”).
E’ davvero preoccupante il modo in cui larga parte dei media e dei social network ripropongono, enfatizzandoli, i fatti le problematiche della scuola e dell’educazione verificatesi nelle ultime settimane, restituendone solo il volto peggiore (atti di bullismo tra giovani, studenti che hanno adottato atteggiamento di intimidazione e minaccia nei confronti dei professori…) e rischiando di innescare una deriva reazionaria contro la ricerca di cambiamento e di autenticità nella relazione educativa che sta impegnando negli ultimi anni la scuola.
Nei media e nei social le cause sembrano stringersi ad una unica, il progressivo e inarrestabile degradarsi delle regole e del senso di autorità rispetto ad una situazione ideale del passato, senza davvero chiarire in che cosa consista questo luminoso qualcosa cui dovremmo tornare: “Occorre tornare al rispetto delle regole e degli insegnanti” ““Perché la scuola si è ridotta così… con i genitori che si precipitano a protestare per un brutto voto dei propri figli?…”, “I genitori devono tornare a educare i figli”, “La scuola non insegna più” “Gli insegnanti devono ritrovare la loro autorità”….
Nella notte in cui tutte le vacche sono nere non si fanno distinzioni, non si riflette sul fatto alcuni decenni fa l’autorità è entrata in crisi in favore della conquista dell’autorevolezza da parte degli educatori, di un rapporto più autentico e non per questo lassista (dipende!) basato su ascolto, dialogo e comunicazione assertiva, più delicato certamente da tenere in equilibrio ma sicuramente alla lunga maggiormente efficace. Si preferisce cavalcare genericamente l’affermazione che i genitori di oggi danno sempre ragione ai loro pargoletti, anziché analizzare i bisogni delle famiglie di ricevere informazioni chiare sulla situazione educativa dei loro figli. Qualcuno si potrebbe chiedere se, pur nella ricerca appena citata che impegna fortemente la scuola italiana, vi possano essere ancora alcuni seppur rari insegnanti che non danno alcuna risposta a questi bisogni e che non sono in grado di gestire una relazione educativa? Probabilmente questo interrogativo non emerge per un malinteso “politically correct” che non fa onore a una classe docente in linea generale impegnata tutti i giorni – e con risultati positivi pur nelle numerose difficoltà – nella complessità della gestione educativa.
Meglio non allinearsi allo stesso metodo, che procede per slogan, e lavorare indefessamente, continuamente, per diffondere un pensiero basato su argomentazioni a sfumature piuttosto che su asserzioni ad effetto!
Questo, solo, è un pensiero capace di educare.